SOGNI - KUROSAWA film completo - analisi musicale di Mariangela Ungaro


TRATTO DAL MIO ULTIMO LIBRO, ANCORA IN LAVORAZIONE 
"CINEMA D'ASCOLTO"


Negli anni 90 torna prepotentemente sulla scena del cinema mondiale Kurosawa con “Dreams”.


Sogni è un film del 1990 diretto da Akira Kurosawa, composto da 8 episodi, basato sui concetti del realismo magico e di alcuni sogni del regista. Il film racconta, anche se non esplicitamente, la vita di Kurosawa e gli episodi rappresentano i vari periodi della sua vita, partendo dall'infanzia fino alla morte. Il film è stato prodotto grazie al contributo di Steven Spielberg e George Lucas.
Le musiche sono di Shinichirô Ikebe.


Non mancano nel lavoro dialoghi succulenti che esplicitano la filosofia, il pensiero di Kurosawa, una critica decisamente malcelata alla società, alla mancanza di rispetto per la natura e per l’arte, una critica feroce alla guerra ; alla luce degli ultimi tragici eventi che hanno colpito il Giappone, l’episodio del Fujihama in eruzione è tragicamente premonitore dell’incidente alla centrale nucleare di Fukushima, di cui l’incolpevole monte è solo un pretesto, dal momento che dall’eruzione fuoriescono radiazioni, Plutonio 239, Stronzio 90 e Cesio 137, rispettivamente portatori di cancro, leucemia e malformazioni gravissime per decenni.
Un’eruzione vulcanica, per quanto devastante sia, non è foriera di tali danni a lungo termine su tutte le creature terrestri.

Nei titoli di testa, possiamo sentire, in una sorta di Ouverture, molte caratteristiche compendiate che ritroveremo nei vari sogni: il flauto suonato nella particolarissima maniera giapponese, l’ottavino sognante o stridulo nella sua accezione drammatica, gli archi drammatici o sommessi con fasce, le parti sognanti di arpa e wind chimes, le piccole percussioni che ricordano il mondo dell’infanzia, i corni solenni ma composti, l’oboe lamentoso, i rintocchi profondi degli archi gravi.

Per comodità ho titolato i vari sogni: sono piuttosto diversi da quelli
che ho trovato nomenclati da alcuni critici.

1.      le nozze delle volpi

2.      il pescheto

3.      la tormenta e la speranza

4.      la follia della guerra

5.      la sindrome di Stendhal

6.      premonizioni

7.      demoni

8.      il villaggio dei mulini.

 

1.      LE NOZZE DELLE VOLPI



Un bambino decide di andare nel bosco perché si dice che, nelle giornate di pioggia con sole, le volpi celebrino nozze fastose in gran segreto.

Il bambino è solo molto curioso, ma pagherà a caro prezzo la sua curiosità.

La musica entra quando il bambino vede il corteo nuziale di volpi antropomorfe, accompagnate da una musica inquietante, almeno per un occidentale, tipica della tradizione antica nipponica: flauto stridulo che oscilla su semitoni, disegnando una melodia semplice per gradi contigui, il cui accompagnamento armonico oscilla su due intervalli di quarta; il tutto è
scandito con solennità da percussioni di legno, metallo e pelli.

La connotazione che vuole darne l’autore è quello di una musica IN anche se nessuno nel corteo sta suonando uno strumento.

La musica di commento, vera e propria, entra alla fine dell’episodio: il bimbo ha in mano il coltello e si avvia nuovamente nel bosco.

Le volpi sono state a casa del bambino e hanno lasciato a sua madre un coltello per uccidersi e pagare la sua colpa. La madre dice al bambino di andare subito ad implorare perdono: troverà le volpi sotto l’arcobaleno.

Il brano, splendido, vede protagonisti un clarinetto (probabile timbro complesso con oboe) su ritmo di fagotto ostinato e archi gravi che sembrano ghignare sulle sorti del bambino, accompagnandolo in quello che potrebbe essere l’ultimo viaggio. Il tema del clarinetto mi ricorda un breve estratto del tema di Mussorgskij “Il vecchio castello”.

Un meraviglioso arcobaleno si staglia sul prato: wind chimes, arpa, violini sognanti e apertura orchestrale dipingono letteralmente un bellissimo tema, ma sempre su pedale grave che mina esplicitamente i gesti e la luminosità del tema stesso. 

Il luccichio del wind chimes e l’apertura orchestrale rendono decisamente suggestivo il tripudio di colori, tra l’arcobaleno e i fiori variopinti che si stendono ai piedi del bambino come un tappeto iridescente. Sia l’azione cinematografica, sia la musica (che si ferma su una frase aperta) lasciano il sogno senza una conclusione.

 

2.      IL PESCHETO

 


Un bambino, in casa con sua sorella maggiore (e le amiche di lei, che festeggiano la festa delle bambole), vede una coetanea che in realtà non esiste, (in quanto è il simbolo del fiore di pesco), e la insegue: incontra gli spiriti del pescheto che è stato raso al suolo.

Gli spiriti però comprendono che il bambino non solo non ha colpa dell’accaduto, ma è addolorato sinceramente per la distruzione del pescheto; gli spiriti fanno riapparire il pescheto fiorito per lui, con un’ultima danza, prima di scomparire per sempre.

La musica fa capolino con un ottavino stridulo e sibilante, che potremmo definire signal, sull’immagine delle bambole, in camera della sorella. Le bambole sono identiche agli spiriti del
pescheto; il signal è premonitore, in quanto subito dopo, al protagonista appare la bambina.

La bambina fantasma, vestita di rosa, è nella stessa posizione in cui si trova un ramo rosa di pesco, posto in un vaso in fondo alla stanza.

Anche la bambina ha un suo signal sonoro, i sonagli. Il protagonista insegue la bambina che sta scappando: ogni suo movimento è connotato dal suono dei sonagli.

Gli spiriti del pescheto invece sono inizialmente connotati anche qui da musica in e poi di commento. La musica in è tipica giapponese, con ottavino, shamisen, percussioni di legno e di pelle ed è in crescendo sia dal punto di vista compositivo sia timbrico. Quando il pescheto è riapparso in tutto il suo splendore, entra l’organo, con un tema occidentale, lieto. pur nella sua solennità, quasi a sancire la sacralità dell’evento. Musica di commento.Nella seconda ripresa del tema, la melodia principale è raddoppiata dagli archi e sentiamo anche lanci d’arpa, xilofono e sonagli, proprio perché ricompare sulla scena la bambina.

Il tema festoso si interrompe bruscamente su un accordo diminuito lacerante: il pescheto e la bimba sono scomparsi, al suo posto giacciono i monconi tagliati dei peschi.

Il tema che sonorizza la scena sembra un’opera orchestrale sinfonica del romanticismo europeo, ma non saprei dirvi se si tratta di un’opera di pubblico dominio e me ne scuso:

esordisce un oboe malinconico, che suona in successione le note facenti parte di due triadi minori, distanti tra loro un intervallo di quarta. Ai timbri orchestrale consueti, si uniscono i sonagli, in sincrono con l’immagine dell’unico cespuglio di pesco fiorito, che oscilla solitario al vento.

 

3.      LA TORMENTA E LA SPERANZA



Quattro uomini arrancano faticosamente sulle montagne, devastate da una tormenta di neve.

Nella prima parte del girato, non si può parlare realmente di musica, in quanto siamo di fronte a rumori di scena: il respiro affannoso degli uomini, gli appelli accorati del capo-cordata, che tenta di spronare i suoi compagni, il sibilo violento del vento, il rombo cupo della montagna sconquassata dalla tormenta, sono i veri protagonisti sonori della sequenza. Non dubito che ci
siano anche dei suoni sintetici, dal momento che ho sentito sinth simili in programmi d’effetti sonori come “Atmosphere”. 

Dopo aver tentato invano di svegliare i compagni, il capo cordata si accascia a terra: i rumori,  lasciano spazio alla voce di soprano solo, che arriva da lontano, sull’immagine dell’uomo ormai in fin di vita. Il canto è dolcissimo, lo culla, e poco dopo vediamo accanto al protagonista una donna, detta yuki-onna ("donna delle nevi"), creatura soprannaturale del folclore giapponese. Il canto è evidentemente la connotazione sonora del nuovo personaggio.

La donna copre l’uomo con un caldo scialle di lana con tante frange argentee, l’uomo si sveglia, ritrova la speranza; il manto della donna vola via e anche lei si dissolve completamente. La tormenta irrompe con i suoi rumori sinistri e violenti, il canto si spezza.

Finalmente la tormenta è finita: sulla ripresa del cielo azzurro e delle cime innevate, sentiamo una sorta di tema neoclassico viennese, suonato dai corni in contrappunto (canto gemello) in terze, mentre si muovono su intervalli di quarte e quinte, caratteristici movimenti intervallari dei corni naturali; un tema allegro, molto usato per sonorizzare le montagne, se non fosse per il
flauto che si unisce al tema, raddoppiato anche dagli archi, (che ne fanno anche una seconda frase di risposta alla prima solenne dei corni), e accompagnato da pizzicati sonori di violoncelli e contrabbassi. La musica di commento è un tripudio di speranza, dal momento che tutti gli uomini sono ancora vivi e hanno trovato il campo.

 

4.      LA FOLLIA DELLA GUERRA



Un soldato cammina verso una galleria e viene accolto prima dai guaiti fuori scena di un cane, poi dai suoi nervosi latrati dal vivo, dopo che la bestia esce dal tunnel e gli si para davanti minacciosa. L’uomo  è l’unico sopravvissuto di una battaglia persa e dopo aver attraversato il tunnel vede arrivare prima un suo sottoposto (che era morto poco prima tra le sue braccia in battaglia, mentre vaneggiava di un sogno) e poi l’intero battaglione sterminato.

L’uomo comprende la follia della guerra che ha prodotto tanta morte, si inchina colpevole a chiedere perdono e prega i suoi compagni di farsi una ragione del fatto che sono tutti morti (hanno un volto bluastro inquietante) e devono tornare dall’altra parte del tunnel, accettando la loro condizione. Se associassimo il cane alla fedeltà, allora il capitano ha tradito la fedeltà dei suoi uomini, portandoli alla morte, anche se suo malgrado, data la follia della guerra.

La scelta musicale è tutta incentrata sui rumori di scena: i latrati del cane, i passi che rimbombano nel tunnel, lo scalpiccio degli stivali che affondano nel fango, i passi inquietanti del battaglione che arriva imponente al cospetto dell’uomo.

L’unico strumento musicale che possiamo sentire è la tromba: inizialmente lo strumento, tipico delle scene militari, lo sentiamo in lontananza, coperto dai passi del battaglione che torna aldilà del tunnel; successivamente diventa padrone della scena, con un suono molto riverberato, (credo si tratti di un’alterazione sintetica), infine svanisce tra i passi del battaglione, giunto aldilà del tunnel.

Il girato si richiude a cerchio e il cane tornerà a minacciare l’uomo.

La follia della guerra tornerà sempre a tormentarlo.

 

5.      LA SINDROME DI STENDHAL

 


Un uomo guarda in silenzio estasiato i quadri di Van Gogh esposti in una galleria d’arte.

Fermatosi davanti al quadro “Il ponte di Langlois” l’opera si anima e ritroviamo il ragazzo che chiede informazioni alle donne su dove possa trovare Van Gogh. La colonna sonora è musica di commento di pubblico dominio, esattamente il preludio numero 15 in re bemolle maggiore di Chopin.

Tra le opere di Van Gogh (dentro le quali il protagonista insegue il pittore) e la musica di Chopin, Kurosawa crea un vero capolavoro di unione delle arti.

Il celeberrimo brano chopiniano si compone di un iniziale tema dolce, spensierato, che accompagna il protagonista fin da quando si trova nel quadro del ponte, ma anche di una parte estremamente drammatica, basata sulla ripetizione ostinata di una stessa nota (molti infatti conoscono il brano come “la pioggia” proprio per l’insistenza di tale nota) a cui si aggiungono ottave alla mano sinistra, molto sonore e che ci fanno sprofondare nella drammaticità più
assoluta.

Il sogno è montato proprio sulla musica.

La parte iniziale dolce si ferma non appena il giovane incontra il suo idolo che sta creando in un campo di grano. Il monologo di Van Gogh è un raro esempio di come si possa creare

un’opera d’arte e della sua peculiare poetica pittorica.

“Come in un sogno, il paesaggio si dipinge da solo, per me; io mi nutro di questo scenario
naturale, lo divoro tutto, totalmente; e quando ho finito, il quadro è davanti a me completo; dopodichè ho dentro di me il vuoto assoluto”.
”E poi che cosa fate?” domanda il giovane

“E poi lavoro, da schiavo, e mi guido come una locomotiva”

Qui entra prepotentemente la parte pianistica con ottave forti, mentre Kurosawa mischia sapientemente le immagini dell’artista con quelle di una locomotiva (sembrerebbe un omaggio al cinema, il cui simbolo è la locomotiva del fratelli Lumiere).

La musica riempie tutta la scena: il tarlo della creazione è identico al ribattuto insistente della nota ostinata nel registro medio. Van Gogh abbandona il giovane, dicendo che il suo lavoro dipende dal sole e non ha tempo da perdere: sul campo lungo del giovane rimasto solo, sentiamo il fischio della locomotiva fuori campo, perché l’artista è … “partito”.

Il giovane insegue Van Gogh, camminando tra le sue creazioni pittoriche, che diventano lo scenario della sua solitudine e della sua ricerca.

La musica, in questa lunga ricerca, è la parte drammatica del brano di Chopin, con nota ribattuta e ottave forti.

La musica si ferma quando il giovane si trova nel campo di grano sorvolato dai corvi neri. Solo il loro verso inquietante e foriero di sventura possiamo ascoltare e, subito dopo, il rumore fuori campo del fischio della locomotiva accompagna il fermo immagine in primissimo piano del quadro. Su questo rumore il giovane si ritrova fermo nella galleria d’arte, davanti al quadro dei corvi; dopo un debole suono sintetico, che riporta il protagonista alla realtà, il giovane si sveglia e si toglie il cappello in segno di rispetto.

 

6.      PREMONIZIONI



Il Fujiyama o Monte Fuji è un vulcano alto 3.776 m ed è la montagna più alta del Giappone. Con la sua cima innevata per dieci mesi all'anno, è uno dei simboli del Giappone, tanto che è considerato uno delle montagne sacre del Paese.

Nel sogno che segue, il monte sta eruttando. 
Grida di spavento delle masse in fuga, rombi di tuono, sirene, ci catapultano in un Giappone sconvolto dall’eruzione, ma scopriremo presto che non è il vulcano il colpevole di tanta sciagura, ma solo una metafora dell’ energia nucleare e delle sue pericolosissime centrali presenti sul territorio.

La colonna sonora è basata sostanzialmente su suoni sintetici (primo piano del vulcano in eruzione; arrivano i venti di Plutonio 239, Stronzio 90 e Cesio 137; la famiglia è investita dalla radioattività) e momenti di dialogo o di rumori di scena.

Non mi dilungo sulla colonna sonora, perché qui ha davvero solo un ruolo solo di sfondo. Al regista interessa la discussione ecologica e politica. E tragicamente premonitrice.

 

7.      I DEMONI



Anche qui la colonna sonora è solo sfondo, tra rumori di scena (sibilo del vento, passi..) e qualche accenno di sinth. E’ pregnante invece il dialogo tra l’alter ego di Kurosawa (il giovane già protagonista dei quadri precedenti) e una creatura umanoide sopravvissuta al disastro-nucleare.

Il sogno è davvero inquietante, non tanto per le creature mostruose, cornute e deformi che popolano la terra, ridotta a sterile terreno lunare, ma per le grandi verità che il regista mette in bocca al demone unicorno: la gerarchia c’è anche tra demoni, il potere è sempre nelle stesse mani. Tra atroci dolori e sofferenze dovute alle malformazioni, i demoni bicorni e tricorni, che
detengono il potere, continuano a sopravvivere cibandosi dei loro stessi simili; la loro punizione è l’immortalità.

Kurosawa non perde occasione per farci sapere come la pensi sullo spreco e la distruzione di derrate alimentari, per mantenere stupidi equilibri economici e politici.

 

 8.     IL VILLAGGIO DEI MULINI



Anche questo sogno è una dissertazione filosofica, ecologica e politica del regista.

La musica ha però un ruolo molto importante: pur non mancando evidentemente momenti di colonna sonora rumoristica (passi, rumore del ruscello, le pale che si adagiano sull’acqua) la musica in del funerale, prima udita fuori campo, poi suonata da una banda, ci proiettano
al primo sogno, alla parata del matrimonio delle volpi. 
E’ come se il regista volesse iniziare con la vita, simboleggiata dal matrimonio e dal bimbo, e finire con la morte, il funerale inteso bilateralmente, ovvero quello dell’anziana donna effettivamente defunta e celebrata, ma anche dell’anonimo personaggio sulla cui lapide ignota tutti pongono fiori, come da tradizione (forse una metafora del regista stesso).

La banda è molto ritmica, con gli strumenti tipici a fiato, ma anche con percussioni insolite, tipiche però orientali, come i sonagli (suonati dal vecchio centenario che amava la donna defunta, e suona proprio i sonagli, ancora simbolo di una figura femminile come era già stato per la bambina del pescheto); si aggiungono le voci, un coro misto declamato più che cantato, da voci bianche, uomini e donne, mentre il tema principale, molto semplice, in minore, è condotto dai flauti e dagli ottavini. Da notare che gli accordi armonici di riferimento sono una tonica minore, la sua quarta (sempre minore) e una dominante senza alterazioni.

La musica in termina improvvisamente lasciando echeggiare il suono dei sonagli; come già successo, alla musica in si contrappone ancora una volta la musica di commento: alla fine del girato, il protagonista (sempre lo stesso uomo) oltrepassa il ponte sul fiume, dopo aver riposto un fiore sulla lapide dell’ignoto defunto. Il commento musicale è sommesso e riflessivo,
condotto dall’oboe e dagli archi, e senza soluzione di continuità ecco i titoli di coda: è ripreso il fiume, tutto scorre, panta rei; le piante acquatiche seguono il ritmo della corrente fluttuando sull’acqua.

Solo una vita nella natura, e non contrapposta ad essa, può generare felicità senza tempo.

La celebre compositrice italiana, Sonia Bo, ha scritto musiche originali di vero impatto, dedicate al film.

Akira Kurosawa muore nel 1998. L'ultimo grande veterano del cinema giapponese decade dopo più di cinquant'anni di attività e trenta pellicole.