LEZIONE 7

LA MUSICA NELL'ANTICA GRECIA


Nel periodo arcaico domina, in Grecia, una concezione della musica che è di tipo magico-incantatorio. Ricordiamo che, per i Greci, la magia era un estremo tentativo di controllare le forze naturali che si presentavano, con violenza, all'uomo primitivo.
Anche i miti nascono per questo: trovare delle verità, un senso, una qualche regola al mondo circostante, alle sue creature, ai fenomeni naturali.
Ed è proprio dalla lettura critica dei miti che possiamo evincere come davvero fosse considerata la musica.
I Greci avevano già capito tutto: la musica crea e distrugge.


Nacquero racconti mitologici che fanno riferimento al potere psichico della musica. (Orfeo, le Sirene, Pan e Siringa).

Orfeo incantava le creature con la sua musica, il primo cantautore della Storia, con cetra annessa. Le piante si inchinavano al suo passaggio...
E' per amore che sfida la morte: solo la sua musica può rabbonire Cerbero e lasciargli percorrere il regno dei Morti; di fronte ad Ade, solo la sua musica può restituirgli la sua amata, ma è la sua umanità a prendere il sopravvento e l'amore è perduto per sempre.
Incontra poi le baccanti, seguaci del piacere e dell'orgia, si lascia travolgere da canti e balli sfrenati con l'aulos (strumento sacro a Bacco, antitetico ad Apollo, spirito apollineo della compostezza, il cui simbolo era la lira), ma resta fedele ad Euridice, la sua amata perduta. Le Baccanti, infuriate, lo uccidono, lo fanno a pezzi e gettano la sua testa nel fiume Evros, insieme alla sua lira. La testa cade proprio sulla lira e galleggia, continuando a cantare dolcemente. Zeus, toccato da questo evento, prende la lira e la pone in cielo formando una costellazione.
Secondo quanto afferma Virgilio nel sesto libro dell'Eneide, l'anima di Orfeo venne accolta nei Campi Elisi.
La musica quindi ha grandissima importanza: è magia pura, tocca anche la morte, la potrebbe anche sconfiggere, o forse la sconfigge, se pensiamo al gesto finale di Zeus.



Nel mito delle sirene invece il suono ha una connotazione completamente contraria.
Ulisse è costretto a mettere i tappi nelle orecchie dei suoi compagni perchè Circe lo ha avvertito del pericolo: il canto delle sirene ammalia chiunque lo ascolti, gli uomini corrono dalle sirene che li uccidono senza pietà e se ne cibano.
Lui però vuole ascoltare, lui deve sfidare la sorte, come sempre. Si fa legare all'albero della nave e fa giurare ai suoi compagni che, per quanto gridi di slegarlo, essi non gli obbediranno.
Infatti il canto è meraviglioso, dolcissimo, convincente, estenuante, cresce, divora dentro, ti chiama, è impossibile non cedere. Ulisse urla e si dimena, ma nessuno gli dà retta, sanno di andare avanti.
Ulisse si salva, il canto finisce, i compagni lo slegano.
Il suono uccide. Siamo di fronte ad una connotazione molto pericolosa del suono. La musica non ha perso la sua magia, il suo essere incantesimo incantatorio, ma porta alla morte, dopo l'iniziale diletto.
Anche nel mito di Pan e Siringa la musica è padrona assoluta della scena narrativa, con cooprotagonista l'amore non ricambiato. Il flauto di Pan non è la lira di Orfeo, non può far cedere la bella Siringa, ma il suono resta aldilà della morte, infatti Siringa diventerà una canna acquatica che, ben intagliata, sarà lo strumento musicale inseparabile di Pan.






Lo strumento associato alla civiltà greca fu l'aulos.
Era uno strumento a fiato, sacro al culto di Dioniso, dio del vino, dell'ebbrezza e dell'incantamento.




Un altro strumento utilizzato in Grecia fu la lira o cetra, utilizzata, generalmente, per accompagnare i racconti delle leggende degli dei e degli eroi. La lira o cetra era ritenuta sacra al culto di Apollo, il dio della bellezza simboleggiava una diversa idea della musica, molto più razionale di quella associata al dio Dioniso. Era formata da una cassa di risonanza dalle cui estremità salivano due bracci collegati da un giogo. Tra la cassa e il giogo erano tese le corde: dapprima 4, poi 7 (poi un numero maggiore. Si suonava pizzicando le corde con un plettro d'avorio. Varietà della lira erano la forminx degli aedi, la pectis lidia, la grande magadis.




C'è un mito che dimostra la superiorità che acquistò, per i greci, la poesia accompagnata dalla cetra. Si tratta del mito di Atena, dea della sapienza, la quale gettò via l'aulos perché la costringeva a contorcere il viso per suonare, scegliendo la cetra. C'è, quindi, quest'idea della superiorità della musica razionale rispetto a quella irrazionale. Vengono riconosciute entrambe le dimensioni e associate una ad Apollo e l'altra a Dioniso.


Altri strumenti erano la siringa (o flauto di Pan), formata da 7 canne disposte una vicina all'altra e di altezza degradante, la salpinx (simile alla tromba).
       








Tra gli strumenti a percussione si ricordano i tamburi, i cimbali (gli attuali piatti), i sistri e i crotali.
     




L'esistenza della notazione risale al IV secolo a.C. La scrittura musicale greca serviva solo ai musicisti professionisti per loro uso privato.

Tra i pochi reperti sopravvissuti:

Epitaffio di Sicilo, (Seikilos figlio di Euterpe). 

Inciso su una colonnetta di pietra scoperta in Asia minore e pubblicata da Ramsay nel 1883. I segni musicali furono scoperti da Wessely nel 1891. Attualmente nel museo di Copenaghen (Inv NR. 14897). Notazione vocale
Prima ode Pitica, da Pindaro. Fonte: Biblioteca del monastero di S. Salvatore, Messina
Papyrus oxyrhynchus 2436 - Frammento di una monodia estratta forse dal Meleagos di Euripide

Suona più o meno così:


Alla fine del periodo arcaico visse il primo musico non leggendario di cui abbiamo notizia, Terpandro, a cui fu riconosciuto il merito di aver raccolto, classificato e denominato le melodie in base alla loro origine geografica (una melodia che veniva dalla regione dorica venne chiamata dorica, dalla regione frigia, frigia…), nonché di aver organizzato le melodie in funzione dei testi poetici. Queste melodie vennero chiamate nomoi (termine che, in greco, significa legge) perché il musico doveva utilizzarle in funzione del tipo di testo che metteva in musica. In questa fase fu decisiva la funzione della memoria, considerata la madre delle muse, nonché madre delle arti perché aveva un ruolo fondamentale per la sopravvivenza e la trasmissione della cultura.


La Teoria

Nella Grecia antica, la musica era assolutamente inseparabile dalla poesia, soprattutto nel periodo più antico della sua storia. Nella poesia greca e in quella latina, la metrica era governata dalla successione, secondo schemi prefissati, di sillabe lunghe e brevi. Da questi schemi derivavano le alternanze fra tempi forti e deboli, cioè il ritmo.

La ritmica greca si estendeva all'area delle arti temporali, quindi la musica adottava gli stessi principi metrici della poesia. Non a caso, musica danza e poesia erano arti sorelle.

Ricordo anche che Musica e Matematica hanno la stessa radice: matrix, la madre, il grembo di tutte le cose: non a caso solo i matematici pitagorici (una setta) studiavano la musica (soprattutto i rapporti matematici che si creano tra gli intervalli) e per tutto il Medioevo, la musica fece parte di quegli insegnamenti di livello altissimo a cui solo pochi potevano accedere. Evidentemente, se la scuola ha capito l'importanza della musica nell'educazione fin dall'antica Grecia, forse bisognerebbe rivederne l'importanza nella scuola moderna che ne ha proprio dimenticato l'apporto intelletivo, cognitivo e psicologico.

Verso la fine del periodo arcaico, cominciò a svilupparsi una lirica monodica, affidata ad una voce sola ed eseguita in contesti conviviali.

In alcune città come Sparta, invece, dove si sviluppò un forte senso civile e si diede importanza alla dimensione collettiva della vita sociale, nacque una produzione di musica corale, affidata ad eventi celebrativi pubblici sia religiosi sia laici. Forme della lirica corale furono: il peana in onore di Apollo, il ditirambo in onore di Dioniso, l'imeneo, canto di nozze, il threnos, canto funebre, il partenio, canto di fanciulle, gli inni in onore degli dei e degli uomini e gli epinici in onore dei vincitori dei giochi panellenici.

Nella lirica corale si realizza pienamente l'unione delle tre arti della Mousikè, perché alla poesia si aggiunge la danza (il coro si muoveva coreograficamente durante l'esecuzione dei canti).

Il ritmo di questi canti era lo stesso della poesia. Il coro greco cantava all'unisono, utilizzando il procedimento dell'eterofonia: veniva cantata un'unica melodia, ma ad altezze diverse. Massimi poeti e musicisti dei canti corali furono Stesicoro e Pindaro. Siamo tra il periodo arcaico e classico.


Periodo classico

Nel periodo classico, la prima grande novità fu la nascita della tragedia. Della tragedia abbiamo notizie dall'opera di Aristotele, nella quale si afferma che la tragedia nasce, nel Peloponneso, dal ditirambo.

La disposizione del coro greco era circolare.
Successivamente, dal coro si distaccò un corifeo (capo del coro) che raccontava le gesta del dio Dioniso e di altri dei.

Dal punto di vista musicale, nel periodo classico, il nomos viene sostituito gradualmente da scale, quindi c'è una fioritura inventiva.

Com'è avvenuto di norma nella storia della musica, le innovazioni tecniche, cioè i sistemi musicali, precedono la loro teorizzazione. I Greci utilizzavano i sistemi musicali in maniera pratica.

I teatri della Grecia e della Magna Grecia venivano costruiti sulle colline, per una perfetta resa acustica, e a forma di conchiglia, per l'amplificazione del suono. Esempi notevoli di teatri greci sono il Teatro di Dioniso, ad Atene (dove Eschilo, Sofocle ed Euripide rappresentavano abitualmente le loro tragedie), il Teatro greco di Siracusa e il Teatro di Epidauro.

Il primo studioso di musica da un punto di vista teorico e tecnico, nonché il primo musicologo dell'antichità viene considerato Aristosseno di Taranto. Costui individuò alla base del sistema musicale greco il tetracordo, una successione di quattro suoni discendenti compresi nell'ambito di un intervallo di quarta giusta.
A Pitagora si attribuisce l'affermazione della relazione tra la musica e l'animo umano. Le differenti potenzialità emotive della musica riguardavano principalmente le armonie, le melodie, ma potevano anche riferirsi ai ritmi e agli strumenti. Ogni tipo di musica imita un certo carattere. Avrebbero dovuto studiare con lui i compositori di musica per cinema!

Platone  ritiene che il cosmo sia organizzato da rapporti numerici che sono essi stessi armonia musicale, la cosiddetta armonia delle sfere (armonia pitagorica).
Il musicista imita una realtà perfetta, ma è pur sempre una copia.

Aristotele, invece, ebbe una visione più aperta e afferma che la musica è una disciplina essenziale all'uomo, anche se negativa. Per Aristotele  la musica è una medicina per l'animo proprio in quanto può imitare tutte le passioni o emozioni che ci tormentano e di cui siamo affetti e dalle quali vogliamo purificarci.