Sabato 26 MAGGIO
ORE 21:00
CASA DELLA DANZA E DELLA MUSICA
LA VOCE DEL CINEMA
MONIKA LUKACS: SOPRANO
MARIANGELA UNGARO: PIANOFORTE E ARRANGIAMENTI.
Questo
concerto è dedicato alla voce e al cinema.
Il
cinema ha avuto l'intelligenza di comunicare alle masse messaggi
chiari grazie al sodalizio con la più universale delle arti: la
musica.
In
questo concerto ascolterete quindi alcune celebri arie d'opera
utilizzate dalla settima arte nei contesti più diversi e con
funzioni a volte opposte all'immagine stessa, ma anche i brani
originali scritti per il cinema che sono entrati nell'immaginario
collettivo, quando non addirittura hanno creato dal nulla il “sound”
di quel territorio, di quel personaggio, di quella situazione, di
quel cocktail di stati d'animo. Si desidera inoltre omaggiare il
maestro Ennio Morricone che proprio quest'anno termina la sua
folgorante e meritatissima carriera pubblica.
Casta
Diva
Una
delle arie più famose tratta da “Norma” un'opera in due atti di
Vincenzo Bellini su libretto di Felice Romani, tratto dalla tragedia
Norma di Soumet.
Composta
in meno di tre mesi, nel 1831, si svolge nelle Gallie, all'epoca
della dominazione romana.
Nell'antefatto
la sacerdotessa Norma, figlia del capo dei druidi Oroveso, è stata
l'amante segreta del proconsole romano Pollione, dal quale ha avuto
due figli, custoditi dalla fedele Clotilde all'insaputa di tutti.
Pollione
si innamora di un'altra donna, una giovane sacerdotessa, con la quale
tradisce la madre dei suoi figli.
Quest'ultima
risparmia ai figli la morte, e li mette in salvo; in extremis, invece
di immolare la giovane amante, ammette la sua colpa e si suicida con
l'amato, che ha finalmente compreso la sua grandezza.
Quest’aria
è la preghiera che Norma dedica alla Luna affinché porti la pace.
Casta
diva che inargenti
Queste sacre antiche piante,
A noi volgi il bel sembiante
Senza nube e senza vel.
Queste sacre antiche piante,
A noi volgi il bel sembiante
Senza nube e senza vel.
Tempra
tu de’ cori ardenti,
Tempra ancor lo zelo audace,
Spargi in terra quella pace
Che regnar tu fai nel ciel.
Tempra ancor lo zelo audace,
Spargi in terra quella pace
Che regnar tu fai nel ciel.
Casta
diva film (1935)
Regia di Carmine Gallone. Scritto da Walter Reisch e Corrado Alvaro.
Fotografia di Franz Planer e Massimo Terzano. Musiche di Bellini,
Rossini, Paganini arrangiate e dirette da Willy Schmidt-Gentner.
E'
un film di pura fantasia, un'invenzione che si appoggia sulla vita di
Bellini, che Gallone gira tre volte: due nel 1935, versione italiana
e versione inglese (con attori diversi), e poi nel 1954, a colori.
Il
soggetto parte probabilmente dalla biografia di Francesco Florimo,
amico e compagno di studi di Bellini, ma le libertà prese da Gallone
e dai suoi sceneggiatori sono davvero tante, troppe, e troppo spesso
inverosimili. L'unica verità è la storia d'amore tra Bellini e
Maddalena Fumaroli: si conobbero a Napoli dove Bellini studiava al
Conservatorio, ma il padre di lei si oppose sempre alla relazione.
Al
minuto 21:00, possiamo ascoltare l'aria in tutto il suo splendore:
tornato al Conservatorio, Vincenzo disegna per i suoi amici gli occhi
della ragazza; si dispiace di non saper disegnare, trasforma il
disegno in un pentagramma e comincia a scrivere la melodia Casta
Diva, sul testo "occhi puri, occhi casti".
Il
film si conclude tragicamente con la morte di Maddalena mentre
Vincenzo raccoglie applausi a Milano.
La
vera Maddalena Fumaroli morì nel 1834, quando Bellini era a Parigi.
A Parigi, nel 1835, dopo il successo di "I Puritani",
morirà anche Vincenzo Bellini, a soli 34 anni, probabilmente di
colera.
Oh
mio babbino caro è
una delle arie pucciniane più conosciute: inserita nell'opera
“Gianni
Schicchi”-un'opera
comica in un atto di Giacomo Puccini, su libretto di Forzano basato
su un episodio del Canto XXX dell'Inferno di Dante (vv. 22-48)- . Fa
parte del Trittico. La prima assoluta ha avuto luogo il 14 dicembre
1918 al Metropolitan di New York.
Siamo
ne1299: Gianni Schicchi, famoso in tutta Firenze per il suo spirito
acuto e perspicace, viene chiamato in gran fretta dai parenti di
Buoso Donati, un ricco mercante appena spirato, affinché li salvi da
un'incresciosa situazione: il loro congiunto ha infatti lasciato in
eredità i propri beni al vicino convento di frati, senza disporre
nulla in favore dei suoi parenti.
Inizialmente
Schicchi rifiuta di aiutarli a causa dell'atteggiamento sprezzante
che la famiglia Donati, dell'aristocrazia fiorentina, mostra verso di
lui, uomo della «gente nova». Ma le preghiere della figlia Lauretta
(romanza «O mio babbino caro»), innamorata di Rinuccio, il giovane
nipote di Buoso Donati, lo spingono a tornare sui suoi passi e a
escogitare un piano, che si tramuterà successivamente in beffa:
infatti Schicchi, sotto le coltri del letto insieme al defunto, detta
al notaio che il bene più importante (la casa con tutte le
proprietà) sia proprio di Schicchi che, non potendo essere
screditato dai parenti serpenti, li scaccia. Fuori, sul balcone,
Lauretta e Rinuccio si abbracciano teneramente, mentre Gianni
Schicchi sorridendo contempla la loro felicità, compiaciuto della
propria astuzia.
L'aria
è stata utilizzata in modo geniale nel film L'onore
dei Prizzi
(Prizzi's
Honor)
una pellicola del 1985 diretto da John Huston. La figlia del capo
mafioso, segretamente -ma non troppo- invaghita da anni di un uomo,
cerca di attirare la pietà del padre raccontandogli che questi l'ha
violentata, cosa che in realtà non è mai successa: lei se l'è
studiata bene, con le sue occhiaie finte, disegnate con matita e
ombretto. Padre e figlia sono seduti attorno al tavolino della cucina
e sullo sfondo ecco una radiolina da cui proviene l'aria d'opera che
sonorizza il dialogo.
In
una delle scene più comiche del film Mr.
Bean's Holiday
un film commedia britannico del 2007, diretto da Steve Bendelack, Mr.
Bean e Stepan improvvisano una recita mimica sulle note di "Oh
mio babbino caro"
di Puccini, racimolando abbastanza soldi da potersi pagare un viaggio
in autobus.
L'aria
“Sempre
Libera” tratta
dal primo atto della Traviata di Verdi, è un inno al piacere da
parte della giovane Violetta, un invito a festeggiare la vita con
entusiasmo, che però maschera un evidente stato di crisi.
Lo
stesso che si cela dietro l'uso che il cinema ne ha fatto di questo
brano: tra i vari film che sfruttano quest'aria e molti altri brani
celebri dell'opera verdiana utilizzati dalla settima arte (il
brindisi, Parigi oh cara, croce e delizia e così via) colpiscono due
film agli antipodi per genere e per poetica cinematografica; il primo
film è di Pasolini, grande maestro italiano, che nel film “La
Ricotta”
attinge alla celebre aria ma ne maneggia il timbro e l'arrangiamento,
e l'aria verdiana diventa un pezzo da comica in bianco e nero anni
'30, mentre un sinth velocizzato, neanche fosse un organetto di
barberia, accompagna le scene in cui il ricottaro corre da una parte
all'altra, nel disperato tentativo di lenire la fame. L'altra
pellicola è “Le
avventure di Priscilla, regina del deserto”
di un film australiano del 1994 diretto da Stephan Elliott, vincitore
del Premio Oscar 1995 per i migliori costumi.
Ascoltiamo
l'aria verdiana mentre uno dei transessuali, in piedi sul torpedone
sgangherato, che arranca tra la polvere e la calura del bush
australiano, vestito di tutto punto da grand soiret, si lascia andare
col vento tra le braccia, e canta l'aria doppiando la soprano lirica,
mentre il lungo strascico luccicante del vestito svolazza divertito.
Addio
alle armi (A Farewell to Arms) è un romanzo dello
scrittore statunitense Ernest Hemingway, pubblicato nel 1929. Ne
furono girati almeno due film, uno nel '32 e uno nel '57 diretto da
Charles Vidor, il cui tema principale è quello che andremo ad
ascoltare. Il film è stato musicato dal grande maestro Mario
Nascimbene, il primo compositore italiano (diplomato al Conservatorio
di Milano) invitato a Hollywood. Il tema è dolce, quel sapore
d'altri tempi, sembra di ascoltarlo da un vecchio grammofono; una
storia d'amore nata e morta tra lo scempio della seconda guerra
mondiale, e le note che si ergono al di sopra delle parti e parlano
di pace, di buoni sentimenti, di amore ancora possibile nonostante
tutto.
Gabriel's
oboe
è il tema portante scritto da Ennio Morricone per Mission
(The Mission) un film del 1986 diretto da Roland Joffé, vincitore
della Palma d'oro al 39º Festival di Cannes. Ascoltare il
missionario che suona l'oboe ci fa in realtà ascoltare la voce della
natura incontaminata e selvaggia del cuore dell'Amazzonia, respiriamo
le cascate cristalline, siamo immersi in un mondo verde; grandi primi
piani dello sguardo del suonatore impaurito, ma illuminato dalla
grazia di Dio, mischiati a immensi en plein air del paesaggio
lussureggiante e infinito.
Gabriel's
oboe è un esempio di come Morricone abbia creato il suono di un dato
territorio e di uno stato d'animo, connotando un personaggio, e il
suo messaggio di pace.
The
Godfather,
il Padrino, è un altro classico della musica per film.
Si
tratta di una trilogia dedicata al mondo della mafia.
Il
tema portante, scritto da Morricone per le pellicole dirette da
Francis Ford Coppola,
-
rispettivamente nel 1972, '74 e '90 - , è una melodia dagli evidenti
connotati popolari tipici della Sicilia; l'arrangiamento questa volta
è originale di Mariangela Ungaro.
Il
tema è in minore e si muove sugli assi portanti della cupola, ops,
della trinità, scusate, della gerarchia dei gradi della scala (IV, V
e I). Il brano si potrebbe definire bipartito, con un primo tema
minore, solenne, sacrale, e un secondo maggiore, delicato, che ci
porta in Sicilia tra il profumo degli agrumeti.
L'arrangiamento è volutamente basato sull'ottava, la massima apertura concessa, con tremolo, a ricordare un mandolino che fa tanto vecchia Italia, tra terremoti e Provvidenza, tra potere e debolezza, tra grandezza, gloriosa cultura e profonde contraddizioni.
L'arrangiamento è volutamente basato sull'ottava, la massima apertura concessa, con tremolo, a ricordare un mandolino che fa tanto vecchia Italia, tra terremoti e Provvidenza, tra potere e debolezza, tra grandezza, gloriosa cultura e profonde contraddizioni.
Saharan
dream
è la sigla di ogni puntata ed è di Ennio Morrione.
La
sigla è una produzione tanto eccezionale quanto aforistica, e di
grande effetto: in un minuto circa devono farci capire il contesto, i
personaggi e più o meno i contenuti della serie televisiva, mentre
scorrono sullo schermo le immagini tratte dalle scene chiave di
alcuni episodi.
Se
il deserto del Sahara avesse un suono, sarebbe proprio quello del
brano del maestro Morricone: un coro sommesso si erge dalla montagna
sacra, poi la voce dolcissima di Amii Stewart ci riempie come si
assommasse un'orchestra alla sinfonica preesistente. Le note
dell'introduzione vibrano e vagano come le onde di calore che creano
un miraggio, ed ecco stagliarsi la melodia principale, che sembra
finalmente essersi incarnata in qualcosa che possiamo comprendere.
C'era una volta in America è un film del 1984 diretto da Sergio Leone.
Il
tema musicale portante, scritto da Morricone, che qui ascolteremo, è
entrato nell'immaginario collettivo: siamo
di fronte al suono del ricordo, del rimpianto, della ricerca di un
perdono che non ci sarà.
Tratta
dal romanzo di Harry Grey “The Hoods” del 1952, la pellicola
narra, nell'arco di più di quarant'anni (dagli anni venti ai
sessanta), le drammatiche vicissitudini del criminale David "Noodles"
Aaronson e dei suoi amici nel loro progressivo passaggio dal ghetto
ebraico all'ambiente della malavita organizzata nella New York del
proibizionismo e del post-proibizionismo.
Presentato fuori concorso al 37º Festival di Cannes, è il terzo capitolo della cosiddetta trilogia del tempo, preceduto da C'era una volta il West (1968) e Giù la testa (1971).
C'era
una volta il West:
un film del 1968 che è un mondo, il nuovo mondo, la creazione
dell'Ovest e dell'America come grande nazione, il territorio dei
pionieri e dei reietti che trovano una seconda possibilità.
Il
film di Sergio Leone è musicato da Morrricone, che si può definire
il creatore del sound western. Ascoltiamo questa sera il celebre tema
di Jill,
la protagonista delfilm, una donna che è il simbolo del west stesso, nonché madre e progenitrice, pioniera di quell'America che vuole crescere, collegata dalla ferrovia, da oceano a oceano.
Ascoltiamo anche questi due brani. La parola SEAN SEAN in Giù la testa è riferita al personaggio irlandese, talentuoso con gli esplosivi.
La
leggenda del pianista sull'oceano
è un film del 1998 diretto da Giuseppe Tornatore, tratto dal
monologo teatrale Novecento
di Alessandro Baricco.
La
colonna sonora del film, composta da Ennio Morricone (che ha
impiegato quasi un anno nella stesura), è composta da almeno trenta
brani, e nel 2000 è riuscita ad aggiudicarsi un Golden Globe per la
migliore colonna sonora originale. Il tema di questa sera è il
celebre “Playing
love”
per piano solo, nella versione originale scritta da Mariangela
Ungaro: Novecento ha finalmente concesso la prima ed unica
registrazione di tutta la sua vita, quando scorge da un oblò una
giovane dal viso dolcissimo ma lo sguardo attraversato da mille
pensieri in opposizione tra loro; come era solito fare, Novecento ne
dipinge con la musica la fisionomia, il carattere, tutto ciò che
coglie da quella giovane, sebbene per pochi istanti.
Il brano Moon river che ascolteremo è il tema portante del film: ne ascoltiamo sia la versione di commento per orchestra, sia la versione IN, ovvero cantata dal vivo dalla dolce “cerbiatta” sul davanzale della sua finestra, accanto alla scala antincendio, accompagnata dalla chitarra che suona lei stessa.
La canzone Moon River fu composta da Mancini (musica) e Johnny Mercer (testo), e vinse anch'essa un Oscar, quello per la migliore canzone.
Sacco e Vanzetti è un film del 1971 diretto da Giuliano Montaldo, con Gian Maria Volonté e Riccardo Cucciolla. Il film narra la vicenda realmente accaduta a Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti, due anarchici italiani emigrati negli Stati Uniti a inizio Novecento.
Ascoltiamo
insieme uno dei brani più struggenti della letteratura musicale per
cinema, “Speranze
di libertà”
una melodia priva di retorica, profonda, intensa, l'anelito di chi
vorrebbe vivere, ma proprio perché innocente, ha la dignità di
accettare il suo destino ingiusto e di compierlo fino in fondo.
Nuovo
Cinema Paradiso
è un film del 1988 scritto e diretto da Giuseppe Tornatore.
La
musica di Ennio Morricone e il tema principale sono ormai entrati
nell'immaginario collettivo: bastano poche note e già siamo al
cinema insieme al regista che ricorda la sua dolcissima vita sebbene
negata negli affetti, ma piena e soddisfacente. La melodia infatti è
sostanzialmente minore ma è un dolore non detto, mascherato da un
andamento rilassato, che ammicca ai toni maggiori sempre ridenti,
anche se qui hanno più una funzione, non so bene se di riposo, o di
serena rassegnazione.